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Gli Stati Uniti, i libri e delle censure sintomo di malessere

Servizio comunicazione istituzionale

Negli Stati Uniti, a inizio luglio, l’Associazione nazionale dei bibliotecari ha avviato una campagna per chiamare i cittadini a combattere uniti contro ogni forma di divieto della libera circolazione dei libri. Solo nel 2023, infatti, negli Stati conservatori sono stati eliminati dagli scaffali pubblici oltre 4.200 volumi. Vincenzo Matera, docente di Storia sociale della cultura all’Università della Svizzera italiana (USI), ne ha parlato in un'intervista pubblicata sulle pagine del Corriere del Ticino.

I tentativi di censura denunciati negli USA, ha sottolineato Vincenzo Matera nel suo intervento, non sono sorprendenti. "Non stiamo parlando di qualcosa di nuovo. Il libro ha sempre suscitato conflitti di questo tipo. Molto semplicemente, contiene idee. Le idee alimentano il pensiero e sono quindi considerate, anche nel loro valore simbolico, strumenti che possono far nascere prospettive critiche. Di fatto, il pensiero critico si alimenta prevalentemente tramite la lettura". Di qui, nel corso della storia, i frequenti tentativi di tenere sotto controllo i libri. "Prima dell’invenzione della stampa, la Chiesa cattolica esercitava, per quanto possibile, una stretta sorveglianza sui libri i quali, peraltro, erano prodotti nei monasteri e nelle poche università allora esistenti. Dopo Gutenberg, tutto divenne un po’ più complicato. La stampa fece crescere la possibilità che un qualsiasi editore, in un qualsiasi luogo, potesse decidere di pubblicare un testo. E così nacque l’Index librorum prohibitorum, voluto da papa Paolo IV, Gian Pietro Carafa, nel 1559". Un indice peraltro ben più attuale di quanto si potrebbe pensare. "Fu aggiornato fino a tempi molto recenti, l’ultima volta nel 1959, e abrogato dal Concilio Vaticano II solo nel 1966 - ha rilevato Matera -. Non parliamo di un fenomeno nuovo, anche se oggi, in una società globale in cui tutti siamo connessi, il tentativo di censurare i libri, di per sé, non può che risultare poco efficace".

Che lettura dare, allora, a quanto sta attualmente accadendo negli Stati Uniti? "Più che altro la campagna lanciata a luglio è da valutare nel suo significato identitario. È poco efficace come azione concreta, ma molto efficace per quanto riguarda l’affermazione della propria presenza da parte dei gruppi e dei movimenti che si battono per la censura; è, insomma, utile per fare propaganda e sostenere una certa parte politica. Consente di ottenere visibilità. Dopodiché, si può censurare quanto si vuole, ma nella società globale, a meno che non si parli di contesti in cui effettivamente sono in azione meccanismi di controllo molto rigidi come Cina o Iran, tutto questo non funziona". Matera, in conclusione, ha poi evidenziato come "questi tentativi sono il sintomo di un certo malessere nel livello di democraticità di un Paese. Sorgono e si affermano quando ci sono gruppi che vogliono imporre la propria visione ad altri. L’oscurantismo, nella storia dell’umanità, non ha mai portato bene. Tutte le volte che, in una società o all’interno di una comunità, si è imposta un’unica visione, i risultati, in tempi più o meno lunghi, sono sempre stati disastrosi. La diversità, il confronto, la circolazione di idee diverse sono una ricchezza. Mai dimenticarlo".

In allegato è possibile scaricare il PDF della pagina contenente l'intervento del Professor Matera.